Nelle colonne di Népszava, Gábor Horn ha scritto un pezzo di pubblicità dal titolo Némzetejesítő Opposition E sì, anche dopo aver letto il titolo, mi vengono in mente alcune parole non cercate.
Perché se vediamo l'immagine della coalizione di opposizione, i cui membri sono più adatti all'aggettivo "perdente della nazione", cioè nella realtà reale, non in quella alternativa, allora sorge logicamente la domanda che se loro individualmente almeno fischiano solo alla nazione ungherese, ma se forse preferirebbero viziarlo, allora insieme, dopo un possibile cambio di governo, si prenderanno cura di lui con l'amore più profondo del loro cuore?
Sono note le attività “unificanti” del mix di opposizione, a partire dalle battute con 23 milioni di romeni, passando per la performance di Momentum in Transilvania, quando Fekete-Győr ha invitato i locali a sostenere il partito rumeno prima delle elezioni municipali, fino ad arrivare al recente Gréczy Discorso ATV, quando si è lamentato con gli ungheresi all'estero per i vaccini forniti dal governo ungherese. A proposito, Gréczy: se il DK sta già spingendo per la sua riabilitazione, cosa possiamo aspettarci se finiranno davvero al governo? Possiamo sperare tanto che il vassallo dal passato macchiato appaia almeno in veste a capo di uno dei ministeri?
Quindi, l'opposizione riunita solo ed esclusivamente per prendere il potere è giustamente etichettata come unificatrice della nazione, proprio come il termine "dire la verità" è stato applicato al "paese depredatore" e "prostituto" di Öszöd - niente affatto.
"Era evidente anche dal punto di vista dei contenuti che le elezioni primarie sono necessarie, purché questo metodo garantisca un'elezione effettiva dalla variopinta tavolozza dell'opposizione - al contrario di coalizioni inventate arbitrariamente e senza tener conto della volontà dell'elettorato - con la consapevolezza che qualsiasi risultato può venire fuori"
- scrive Horn, e speriamo che stia solo scherzando e non fuorviando deliberatamente i suoi lettori, soprattutto quando parla di "scelta reale". Ricordiamo ancora il vecchio detto che iniziava con "non l'hanno detto, Feri..."? Horn ha parlato onestamente in quel momento, anche se non sapeva come l'avrebbe presa la telecamera HírTv.
"Le elezioni primarie smascheranno senza dubbio la menzogna di Orbán, secondo cui Fidesz unisce e l'opposizione divide la nazione. È proprio contro questo comportamento esclusivo, autocratico e spaventoso che la nazione si unisce"
- continua, e non si accontenta più di dare all'opposizione un'etichetta "nazionale", ma mettendo direttamente in discussione la natura nazionale del governo e dipingendo la coalizione dell'insalata con i colori nazionali, sta mentendo all'aperta globalista come nazionale, e il cittadino come bugiardo. Vale la pena notare qui che in questa linea di pensiero l'autore non può fare altro - soprattutto se vuole rimanere coerente, coerenza che perde alla fine del testo - se non contrastare il governo con l'opposizione; naturalmente il nazionale non può scontrarsi con se stesso, cioè con il nazionale.
"Proprio come nel 1956 molte persone di background, istruzione e intenzioni molto diverse si sono incontrate nello spirito dell'idea nobile e dell'obiettivo reale dell'indipendenza e della liberazione, così il 2022 riguarderà anche come un obiettivo politico che trascende le differenze e le incompatibilità percepite forgia la nazione in unità”.
- scrive anche lui, e lo ammetto, se non avessi letto l'intero articolo, direi che questa frase è stata il punto più basso intellettuale del suo brainstorming. Perché degradare la rivoluzione del 1956 e il suo contesto in una violenta analogia può essere definito un punto basso intellettuale, per dirla con cautela. A meno che, lo ripeto, lo scopo non sia quello di fuorviare del tutto i lettori. Ma chi lo presumerebbe di Népssava e dei suoi autori?
Poi scrive anche quello
"i media governativi suggeriscono che l'opposizione, che combina davvero tante visioni del mondo diverse, è tenuta insieme solo da ciò che non vuole, la realtà è che ciò che vuole segue ab ovo da quello".
E qui l'autore compie il logico salto mortale che evidenzia alla fine del testo. Usando una semplice analogia, solo perché so per certo che non voglio sposare il mio vicino Józsi, non ne consegue - soprattutto non ab ovo - che io sappia chi voglio sposare. E peggiora solo la mia situazione il fatto che, in base alle produzioni che ho presentato nei miei precedenti matrimoni, si sappia che sono anche pigro, non ho molto cervello e continuo a gestire la casa. Non poco, molto! E, purtroppo, non aiuta che Horn schiaffeggi i soliti slogan ormai diventati luoghi comuni su ciò che vuole l'opposizione, come libertà, speranza, competizione e sviluppo.
"I dettagli tecnici sono stati definiti. Ora arriva qualcosa di più importante. Devono essere dette cose concrete sull'Ungheria, chiare, seguibili, credibili, ma stimolanti, e le persone devono essere spiegate alle persone con l'ispirazione per dimenticare decenni di paralisi, cosa li aspetterà dopo il 2022
- tornando alla sua conclusione, l'autore ammette che chi è in camicia di forza non ha idea di cosa si dovrebbe fare, soprattutto cosa si dovrebbe fare meglio di Orbán.
Infine, conclude il suo pensiero con questo:
“Ora abbiamo la gioia della partecipazione e della competizione, e i candidati devono dare un senso a tutto questo. Se lo fanno - e tutti i segni lo indicano - le persone saranno sollevate da una grande quantità di scoraggiamento e fardello e si affretteranno felicemente a selezionare il candidato più ideale. E i vincitori, come è stato chiaro dal 2019, saranno grati per la fiducia".
Non è bello? Mi piace soprattutto l'ultima frase, anche se lo ammetto, non riesco a decifrarla da giorni, cosa può avere in mente esattamente l'autore? In che modo Gergely Karácsony ha ringraziato gli elettori per la loro fiducia? Come avete dichiarato l'emergenza climatica? Ha attaccato il progetto Liget? O con le tue affermazioni su Facebook perfettamente personalizzate? Come intendi perforare la costruzione dell'Università di Fudan? Che non ha fatto assolutamente nulla per la Capitale negli ultimi due anni, a parte il fatto che ora ha annunciato apertamente che sta strizzando l'occhio dall'ufficio del sindaco?
Oppure Gábor Horn, quando ha scritto che queste persone che non sono mai a corto di promesse, ma che non mantengono mai nulla al potere, "gratificano per la fiducia", non intendeva la fiducia degli elettori? Perché quando si arriva al punto, sì, dico sul serio.
Foto: Attila Polyák / Origo