Cinquant'anni fa veniva proiettato uno dei film più belli del cinema ungherese, l'innovativo Szindbád di Zoltán Huszárik, una parafrasi di Krúdy.
Zoltán Huszárik cerca il crepuscolo della vita, evocando ricordi del passato colorato dal presente che svanisce, in bilico sul sottile confine tra esistenza e morte, sogno e realtà, desideri e realtà, nella natura che si rinnova costantemente e in se stessa , alla vista di belle donne, a una tavola imbandita, nel godimento inesauribile dei piaceri sensuali l'eroe del suo film, Sinbad, intessuto di immagini magiche, se non il senso della vita, ma almeno la bellezza dell'esistenza umana.
Perché, sia chiaro, il film Sindbád del 1971 è principalmente l'eroe del regista, Huszárik (e ovviamente, almeno Zoltáné Latinovits, che incarna perfettamente il ruolo, Sándoré Sára, il cameraman che cattura il mondo pieno di colori e atmosfere, Gujdár, che realizza le impressionanti riprese macro) Józsefé, e la stessa fotografia, questa volta anche quella del drammaturgo János Tóth). Zoltán Huszárik, attraverso gli occhi della figura alter ego di Gyula Krúdy, cerca la bellezza del mondo, la pienezza della vita, con desiderio, anche nel suo interrogarsi.
Lo slogan del film: "Vita, vita, santa vita annoiata, quanto è bello tornare da te!"
Anche dopo che è passato mezzo secolo, possiamo tranquillamente affermare che questo cinema è il 20° secolo. il film ungherese più poetico del 20° secolo, e speriamo che molti pezzi della meravigliosa e ricca opera di Krúdy vengano elaborati in futuro.
Fonte: origo.hu
Immagine in primo piano: filmarchiv.hu