In America c'è un detto: "se vuoi un nemico, fatti un amico ungherese". Siamo così?

Innanzitutto chiariamo che raramente abbiamo provato il tipo di gioia liberatrice che ha suscitato in noi la prestazione della nazionale ungherese.

Il gol di Kevin Csoboth entra nella storia del calcio ungherese. Lì, il gol "Va bene, signor Wright" di Puskás, il gol di Farkas e Bene per i brasiliani, il gol di Détári per gli austriaci della nostra infanzia, i gol degli ultimi EC, il gol in solitaria di Szoboszlai contro l'Islanda (Signore, quanto tempo potresti elencare ...). Nella serie di gol agghiaccianti.

Noi e i nostri figli ricorderemo questo obiettivo per sempre.

Grazie per la sensazione di euforia che la nazionale ungherese mi ha dato, e mi dà ancora adesso, mentre scrivo queste righe.

Poi, a fine partita, abbiamo ascoltato le dichiarazioni di Marco Rossi... Che giustamente ha perso le staffe ed è rimasto interdetto davanti ai commenti dei commentatori maligni. Coloro che mettono in dubbio la decisione di un professionista interferiscono con arroganza in qualcosa con cui non hanno nulla a che fare, anche se non sanno calciare il pallone dritto e non hanno mai giocato una vera partita di calcio in vita loro.

Questo è così ungherese... In America c'è un detto: "se vuoi un nemico, fatti un amico ungherese". Siamo così? Sicuramente molti di noi sono così... Un italiano viene qui e non capisce come possiamo essere così ostili, invidiosi, presuntuosi e arroganti.

Queste persone scontrose, che sanno tutto meglio di chiunque altro, che ficcano il naso in tutto, razionalisti sciatti, eternamente insoddisfatti, sono presenti nei luoghi di lavoro, per le strade, anche nelle nostre famiglie. Altrimenti sono persone infelici, incapaci di venire a patti con se stesse e non capiamo come possano tollerare la propria esistenza.

Ora, direi che noi veri fan, che sono tanti, dovremmo vergognarci per loro, ma dovrebbe essere confortato dal fatto che sentano effettivamente la propria inutilità.

Vorremmo dire a Marco Rossi di non infastidirsi per questi oppositori, ma di sentire scorrere verso di lui l'amore che incarna quando risuonano le grida di "Marco...Rossi..." nello Stadio Puskás.

Immagine in primo piano: MTI/Róbert Hegedüs