Leggo la notizia: "Papa Francesco lunedì ha preso una decisione storica, secondo la quale d'ora in poi anche le coppie dello stesso sesso potranno ricevere la benedizione dei sacerdoti. Con questo il Vaticano vuole lanciare il messaggio che Dio accoglie tutti”.

Con tutto il rispetto, confesso di non comprendere la decisione papale.

Dio accoglie personalmente tutti. Ci chiama, peccatori, senza sosta. Tutti noi. Questo è indiscutibile. Questo è indiscutibile. Anche Gesù non condannò la donna adultera, ma la inviò affinché non peccasse più.

Negli insegnamenti cristiani c'è sempre il desiderio di devozione amorevole verso i peccatori, ed è compito delle chiese trasmetterlo.

Ma come coppia dello stesso sesso (!) – cosa può significare altro se due persone che sembrano imparentate tra loro chiedono una benedizione allo stesso tempo? – benedire qualcuno significa qualcosa di completamente diverso dall'accoglienza amorevole dei singoli membri della festa nella chiesa.

I giuristi ecclesiastici possono girare e girare, ma d'ora in poi il messaggio per tutti è che il rapporto, la forma stessa del rapporto, è benedetta dal sacerdote.

Mentre la Chiesa cattolica definisce l'omosessualità un peccato – una deviazione dall'ordine divino, un adempimento involontario delle leggi della creazione (e della natura), d'ora in poi suggella comunque il rapporto omosessuale con la sua benedizione (cioè in definitiva sostiene, quasi -legalizza il rapporto che ritiene altrimenti definito peccato)? C’è un errore logico nell’argomentazione.

La decisione sembra essere un superamento dei confini che porta alla rottura del fondamento della famiglia naturale, biblica (l'uomo e la donna, la relazione che porta con sé la possibilità di trasmettere la vita, che è realizzazione della chiamata dell'uomo come creatura comandato fin dall'inizio - "sii fecondo!"), il messaggio della creazione è il più fondamentale perché va contro il suo ordine in un mondo moralmente scosso che cade a pezzi fin dall'inizio.

Facebook/Zsuzsa Máthé